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Le ultime flebili speranze degli Hornets

L’incredibile canestro di Jeremy Lamb da metà campo a Toronto, oltre ad un bellissimo e spettacolare festeggiamento di gruppo all’interno del parquet, sembrava un segno del destino per la franchigia del North Carolina, imbrigliata nel marasma generale dei posti limitrofi all’ottavo nella Eastern Conference.

Preceduto e seguìto dalle vittorie casalinghe in clutch time contro Minnesota, Boston e San Antonio aveva inoltre riportato Charlotte a un tiro di schioppo (1 incontro) dallo spot numero otto di Miami e Orlando e dalle seste Brooklyn e Detroit (2 match).

Arrivare a giocarsi la qualificazione in postseason nel mese di Marzo con l’obbligo di vincere quasi sempre per ottenerla non è però nelle corde di un team da parecchio tempo invischiato in un limbo senza uscita, che fa degli Hornets una squadra troppo forte per un tanking selvaggio ma anche esageratamente debole per vincere una serie ad eliminazione diretta.

La sfortuna di “beccare” LeBron James (risparmiato di recente da Walton per ordini dall’alto) e i Warriors anch’essi alla disperata ricerca di W – per altri e più nobili motivi – ha riportato coi piedi per terra Kemba e compagni e nel momento in cui lo scrivente inizia il suo pezzo le speranze di agguantare i playoff sono ridotte al lumicino.

Analizzare l’andamento della stagione di Charlotte è abbastanza semplice; le discutibili gestioni dirigenziali di Michael Jordan, assolutamente distante dietro la scrivania rispetto a quando dettava legge in campo, hanno contribuito ad accumulare un monte stipendi imponente che ha lasciato pochi margini di manovra per rafforzare il roster.

Il team, le cui redini sono state cedute ad uno dei migliori allievi di Pop a San Antonio (James Borrego), per acquisire da un lato la dottrina Spurs e dall’altro porre una ventata di aria fresca da queste parti, ha vissuto l’anno con gli stessi e preventivati alti e bassi del passato recente, con un record sempre tra il 42 e 45%, proprio per l’incapacità di progredire a fronte di contratti esagerati e bloccanti, nonostante il fardello di Dwight Howard non sia più presente.

Se facciamo un esempio col lavoro di Vlade Divac a Sacramento arriviamo a capire meglio il succo della questione: lì con i giocatori simbolo giovani o veterani ancora in progressione (Fox, Hield, Bogdanovic, Bagley e Cauley-Stein) e un payroll spazioso (quasi 30M in meno che qui) si può lavorare nel presente ma anche per il futuro grazie alla crescita dei ragazzi in squadra e alle trade per migliorare reparti deficitari che si verrebbero a creare.

In Carolina del nord invece nei pressi dello start si è provato solo ad aumentare il livello della rotazione, uno dei vecchi talloni d’Achille, con l’arrivo della leggenda Tony Parker, mai giunto però a livelli top, a parte un ottimo metà Gennaio a 13 di media, per colpa di un minutaggio in calando passato da quasi 20 minuti a partita a 14 fino proprio a vedersi scomparire dal parquet e dalla seconda unità per scelta tecnica, con susseguente faccia buia.

Come al solito Kemba Walker si è dimostrato un giocatore eccezionale per solidità, tecnica e rapidità migliorando oltre che sui punti (25.2 per game) anche sui rimbalzi totali, assist e steals. Il suo atteggiamento coi compagni inoltre è da lodare per abnegazione e pazienza dimostrata, riuscendo (con successo) a non far mai trasparire i possibili malumori interiori, dovuti dall’essere ancora costretto a 28 anni a divincolarsi in posizioni di classifica non consone alla sua immensa classe.

Forse il romanticismo e la riconoscenza per chi ti ha fatto sbocciare in NBA (anche se a fianco di Clifford) è ancora presente ai giorni d’oggi, ma di sicuro non sono infiniti. La free agency alle porte, l’anno che non dovrebbe concludersi con la tanto agognata postseason, l’età avanzata e un alone da All Star non più sottovalutata come in passato daranno a KW molti estimatori d’elite che potrebbero convincerlo a sbarcare il lunario altrove rinunciando alle offerte di Kupchak e MJ, che (ovviamente) non dovrebbero scendere da un minimo di 200M quinquennali per riuscire a convincerlo.

Sarebbe una perdita stratosferica, sia a livello morale e motivazionale che tecnico; la stagione è iniziata sapendo che con lui in campo gli Hornets hanno un differenziale positivo (+3.4) rispetto al periodo in cui riposa in panchina (-7.8): numeri impietosi che rimarcano l’importanza del newyorchese.

E’ ironico vedere come gli onerosi accordi con Batum (ancora 24M annui a salire fino al 2021), Marvin Williams (idem a 14M per due anni) e Cody Zeller (tre campionati a 13.5 – 14.5 – 15.4), rispetto ai 12 di Kemba, rappresentino una spada di Damocle che inchioda Charlotte alla mediocrità e all’impossibilità di crescita.

E’ comunque ancora grazie a lui e al modo in cui li trascina attraverso le situazioni più difficili e complicate se la stagione sta terminando con qualche lampo e luce dai prospetti futuri. Malik Monk, ma soprattutto Miles Bridges (chiamato in lotteria a Giugno) e Dwayne Bacon stanno concludendo l’anno lasciando qualcosa di positivo che potrà essere utile nei tempi a venire.

Soprattutto le parole della stella e leader carismatico verso di loro hanno lasciato il segno, aprendo molte porte su un possibile prosieguo insieme. Walker infatti ne ha esaltato le lodi per cattiveria agonistica, energia e velocità, affermando addirittura di non riuscire a rimanere al loro passo e, ancor più importante, ha aggiunto di volersi impegnare al massimo per la loro consacrazione all’interno del team, sia oggi che domani!

Borrego stesso parla del suo campione come un esempio, che rimane a bordo campo a fine match e negli allenamenti a catechizzare i suoi ragazzi, compresi Graham e Kaminsky: atteggiamento da grande uomo ma anche da chi ha dei progetti a lungo termine qui a Charlotte. Staremo a vedere.

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7for7 NBA

7for7 La Settimana in NBA (Ep. 2×23)

Siamo arrivati alla penultima puntata stagionale di 7for7 (ma non disperate, più avanti ci saranno i tanto amati playoff ignoranti) e all’ultima per il sottoscritto, per cui ve lo dico chiaramente in anticipo: scordatevi qualunque speranza di leggere lungimiranti pronostici per la postseason o approfondite disamine tecniche su chi vincerà l’MVP, perché nelle prossime righe troverete quasi esclusivamente corbellerie e facezie di dubbio gusto che con l’NBA hanno giusto quel minimo collegamento necessario a non classificare questa rubrica sotto la categoria “Altro”. Fatta questa doverosa premessa, “Venghino Siori venghino, che più gente entra e più bestie strane si vedono”. (cit)

 

LUNEDI 25 MARZO – NBA ENDGAME

La settimana purtroppo comincia su una nota triste, perché il video (da non guardare assolutamente se siete deboli di stomaco) della gamba di Jusuf Nurkic che si sbriciola non può che far stringere il cuore. Al centrone serbo dei Blazers ovviamente vanno i nostri migliori auguri di una pronta guarigione, mentre per Portland (che al momento ha fuori anche CJ McCullom) si prospetta un’altra avventura piuttosto corta ai playoff.

Detto per dovere di cronaca dei 59 punti messi a segno da Devin Booker contro i Jazz (peraltro utili come un lecca-lecca al gusto di guano, dato che i suoi Suns la partita l’hanno persa di 33), la partita di Salt Lake City è stata rilevante soltanto per la meritata standing ovation che il pubblico di casa ha riservato all’ingresso in campo di JimmerFredette. Il prodotto di BYU è un’autentica leggenda non soltanto nello stato dei mormoni ma anche all’interno della redazione di 7for7, quindi ci uniamo virtualmente al pubblico di casa per festeggiare il roboante 1 su 10 dal campo (vabbè sarà stato emozionato) con il quale Jimmer ha bagnato il suo ritorno sui parquet dello Utah.

Il titolo di eroe di giornata va però meritatamente a Spencer Dinwiddie, che nella giornata di lunedì ha ufficialmente richiesto all’NBA di spostare tutte le gare del 26 aprile per permettere a tutti di andare al cinema a vedere la prima di Avengers: Endgame. Per quella data sarebbero previsti i playoff ma ci sentiamo di unirci all’appello proposto dal playmaker dei Nets, perchè giustamente ubi Thanos, minor cessat.

Se il mondo della NBA si fondesse con quello della Marvel, Thanos potrebbe essere uno e uno solo

 

MARTEDI 26 MARZO – LANCE DANCE

La notte di martedì ha visto andare in scena lo scontro frontale tra i due principali candidati al titolo di MVP stagionale (e i relativi social media manager), ossia Giannis Antetokounmpo e James Harden. Scontro che è stato vinto dal primo, con i Bucks che si sono imposti di fronte al pubblico amico con il punteggio di 108 a 94. Un po’ inferiore alle attese il matchup tra gli attori protagonisti: 23/10/7 per il Barba (ma con 9 su 26 dal campo) e 19/14/4 per il Greek Freak, che comunque resta in pole position per il Maurice Podoloff Trophy, non foss’altro perché Harden lo ha già ricevuto lo scorso anno mentre Giannino è ancora a quota zero.

Molto più interessanti, perlomeno per la redazione di 7for7, della partita tra due superpotenze NBA sono però state le interviste rilasciate ieri da due giocatori NBA, uno ex e l’altro quasi. Nella prima il povero Kris Humphries reclamava sulle pagine di The Player’s Tribune il suo diritto a non essere ricordato soltanto come l’ex di Kim Kardashian (sorry Kris, ma qui butta proprio male), mentre nella seconda un immortale Andrew Bogut ha dichiarato a The Athletic che l’introduzione nella sua routine quotidiana di “a lot more beer” sia stata determinante per il suo ritorno nella NBA.

Ma la dieta a base di birra di Bogut e i rimpianti di Kris Kardash… ehm Humphries sono stati purtroppo superati in dirittura d’arrivo dalla prodezza di Lance Stevenson, che ha mandato clamorosamente al bar il povero Jeff Green con un letale crossover scatenando l’incontenibile esultanza dei suoi compagni della panchina. Compagni tra cui non mi pare di scorgere LeBron, che temo al momento non sia dell’umore giusto per festeggiare la sua prima assenza dai playoff dai tempi delle scuole elementari. Ma Lance è pure sempre Lance.

Come dite? Avevo scritto sopra che avrei evitato come la peste il basket giocato? Dai su, questi Lakers (che pare stiano pensando a Tyronn Lue come nuovo capoallenatore, no dico TYRONN LUE!!!) mica saranno una vera squadra di pallacanestro…

Cosa importa della postseason quando ci sono i balletti di Lance?

 

MERCOLEDI 27 MARZO – LEGENDS OF TOMORROW

Sono un po’ depresso, perché in barba ai miei buoni (o cattivi) propositi oggi non ci sono interviste idiote o esilaranti balletti di cui parlare ma soltanto basket più o meno serio, sempre se volete considerare tale quello giocato dai Phoenix Suns che anche stanotte ne hanno fatti fare 50 a Booker prendendone però 124 dai Washington Wizards.

Mi tocca quindi fare il bravo reporter e rendicontarvi di cose noiosissime tipo:

  • Kevin Durant che fa 12 su 13 dal campo contro i Grizzlies
  • I Thunder che compilano un parziale di 24-0 contro i Pacers
  • Mike Conley che diventa leader ogni epoca a Memphis per punti segnati

“Ma chissene” direte giustamente voi, che siete qui per leggere di teorie terrapiattiste, fidanzamenti delle Kardashian e dinosauri da compagnia. Per tentare di addolcirvi l’amaro calice mi aggrappo ad un trio di leggende: Chris Bosh, Dwyane Wade e Dirk Nowizki. Il primo ha visto proprio ieri ritirata la sua maglia numero 1 dalla franchigia di Miami, gli altri due appenderanno le scarpe al chiodo a fine stagione e hanno entrambi dichiarato di essere stati un reciproco stimolo a migliorarsi in tutto il corso delle loro straordinarie carriere.

Ma tutti e tre si ritroveranno presto nella Naismith Memorial Basketball Hall of Fame a condividere la gloria eterna che spetta a chi ha lasciato un segno indelebile nella storia del gioco, stavolta quello serio per davvero.

Modalità “lacrimuccia” ON

 

GIOVEDI 28 MARZO – DUNCAN COMEDY TOUR

Nella notte dell’ultimo scontro tra due delle leggende citate poco più sopra (i Miami Heat di Wade hanno battuto i Dallas Mavericks di Nowitzki 105 a 99), un altro tra i più iconici giocatori della sua generazione vedeva la sua maglia alzarsi per raggiungere il soffitto dell’AT&T Center di San Antonio.

Emanuel David Ginóbili è stato uno dei pilastri di quello che è stato (ed è attualmente, visto che i neroargento non mancano i playoff da quando ancora frequentavo le scuole superiori) uno dei cicli più vincenti nella storia dello sport americano. Il nativo da Bahìa Blanca ha collezionato con gli Spurs ben 4 titoli NBA (oltre ad un oro e un bronzo olimpico, un’argento mondiale, un’Eurolega e altre quisquilie simili) formando con Tim Duncan e Tony Parker un trio di campioni con pochi eguali nella storia del gioco.

Momento clou della cerimonia per il ritiro della maglia del Narigòn è stato comunque lo sketch nel quale proprio quell’esilarante stand up comedian di Duncan (che a quanto pare ultimamente ha deciso di darsi anche al kickboxing) ha ricordato quando al draft del 1999 ha sentito per la prima volta il nome di Ginobili e ha pensato: E chiccazz’è questo?. Risate veramente grasse.

https://www.youtube.com/watch?v=pG4c48gzsTs

Niente da fare, quando uno è un comico nato…

 

VENERDI 29 MARZO – SHOOT DRAYMOND SHOOT

Mentre Kyrie Irving (al quale a quanto pare sarebbero parecchio interessati anche i New Jersey Nets, ma nel caso meglio mettersi in fila) vergava il proprio autografo sull’importante vittoria idei Celtics sui Pacers e LeBron James aggiornava il suo personalissimo cartellino nelle sfide contro Kemba Walker portandolo sul 28-0 prima di ritirarsi a vita privata fino alla prossima stagione, al Target Center di Minneapolis andava in scena una partita insospettabilmente tirata tra la virtuale numero uno del tabellone ad Ovest e una squadra che i playoff li vedrà comodamente dal divano di casa.

È servito infatti un overtime per decidere la vincitrice tra Warriors e Wimberwolves, con i secondi che si sono imposti a sorpresa sui campioni in carica grazie ad una arci-dubbia chiamata della terna arbitrale contro Kevin Durant sulla sirena che decretava la fine dei primi cinque minuti supplementari e con il punteggio inchiodato sul 130 a 130.

La giocata più bella della gara non è stato però l’1/2 con cui Karl Anthony Towns ha sigillato la vittoria dei suoi ma la difesa a “zona di quarantena” con la quale KAT ha contestato (vabbè) il potenziale tiro (ri-vabbè) di Draymond Green, che intimidito da cotanta pressione ha preferito passare la palla.

Roba che manco mio nonno di 87 anni al campetto viene trattato così…

https://www.youtube.com/watch?v=MHRmQ3YOUOo

Notare il gesto sprezzante con la mano fatto da Towns nei confronti di Green.

 

SABATO 30 MARZO – BOBI RIDES THE BUS

Dall’inizio della stagione ad oggi, in questa rubrica ho parlato talmente tante volte degli incredibili numeri di Harden da averne letteralmente il vomito, ma il Barba continua imperterrito a riscrivere la storia degli almanacchi NBA. Nella fattispecie, con il 50/11/10 messo a segno nella partita di sabato contro i Kings ha aggiornato in questo modo il conteggio delle triple doppie ai 50 nella storia della NBA:

  • James Edward Harden Jr = 5
  • Resto degli esseri umani dai dinosauri ad oggi = 9

Vabbè. Siccome sui guai giudiziari di Porzingis preferisco soprassedere, sui Chicago Bulls che si presentano in campo con un quintetto di scappati di casa composto da Shaquille Harrison + Brandon Sampson + Wayne Selden + Ryan Arcidiacono + il gemello scarso dei Lopez per decenza pure, mi resta da riportarvi un’altra curiosa statistica.

Ai Philadelphia 76ers a quanto pare ci sono due giocatori, un play e un centro, agli antipodi della pericolosità oltre l’arco dei 7 e 25. Uno dei due è titolare di uno 0/16 in carriera che lo rende virtualmente il peggior tiratore nella storia del gioco. L’altro al momento tira le triple con il 50% di realizzazione e quindi matematicamente meglio del 47.1% di Joe Harris, miglior tiratore della Lega e campione in carica nella gara del tiro da tre all’All Star Game.

I nomi per favore metteteli voi che a me scappa troppo da ridere.

https://www.youtube.com/watch?v=yKAKzwyqVJ4

Phila abbiamo un problema… ma bello grosso.

 

DOMENICA 31 MARZO – BYE BYE BRACKET

E per chiudere in bellezza (?) eccovi il post muto di un tifoso di Duke a caso (tipo me) dopo la sconfitta dei Blue Devils di stanotte contro Michigan State.

https://www.facebook.com/bleacherreport/videos/259814481564505/?v=259814481564505

Ma porc…

 

Ecco che siamo arrivati al momento dei saluti finali. Andrea Cassini sarà ancora qui tra una decina di giorni per l’episodio finale di questa stagione, ma io anticipo i miei ringraziamenti a quei due/tre lettori affezionati che ci hanno seguito anche quest’anno nelle nostre folli divagazioni extracestistiche (molto extra e poco cestistiche). Grazie di cuore e che le Kardashian siano con voi! O forse meglio di no…. Alla prossima stagione.

Jorghes out