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Celtics – Pacers: Playoffs Preview

La partita tra i Pacers ed i Celtics è quasi sicuramente una preview del primo turno dei playoffs. Le due compagini infatti termineranno la stagione rispettivamente al quarto e quinto posto della East Conference: rimane da decidere in quale ordine. Le due squadre infatti si accingono a questo match con un record 45-31 per Indiana, 44-32 per Boston: in gergo americano, Boston “one game behind” Indiana. La compagine che vincerà questo sprint finale si aggiudicherà il diritto di ospitare una eventuale gara 7 sul parquet di casa.

Atmosfera da playoffs al Garden!

Dunque, da un lato l’interesse per questa partita è dovuta al suo peso nell’immediato futuro di queste due squadre. Dall’altro – per via della alta posta in gioco – è lecito aspettarsi che entrambe le compagini daranno il massimo, il che rende il match un’indicazione affidabile di ciò che vedremo nei playoffs. Una serie che in teoria i Celtics dovrebbero vincere piuttosto facilmente, ma visto l’andazzo in quel di Boston, d’un tratto il fattore campo diventa forse l’elemento determinante nel decidere chi passerà il primo turno.
I Pacers – va riconosciuto – hanno sopperito alla perdita di Oladipo con tanta grinta e voglia di sacrificio: un po’ ci ricordano i Celtics della scorsa stagione. I Green quest’anno hanno avuto una stagione veramente difficile, e praticamente tutti – giocatori, tifosi e stampa – non vedono l’ora che inizino i playoffs. E’ realmente difficile riassumere la stagione dei Celtics. Un’altalena tra periodi in cui si perde, si gioca male e i giocatori se le mandano a dire tramite i microfoni del dopo-partita, e periodi in cui il tifoso più ottimista vuole credere che il peggio è passato e che d’ora in poi sarà tutto come ci si aspettava ad inizio stagione. Ricordate quando i Celtics avevano finalmente messo a tacere tutti i malumori interni su quel volo verso la West Coast? Quando avevano battuto i Warriors di oltre 30 punti, vinto a stento contro Sacramento, battuto la formazione summer-league dei Lakers e perso contro i Clippers di 25 punti? Ecco, appena si cominciava a sperare che si iniziava a fare sul serio, che il terzo posto nella conference era a tiro, i Celtics ne perdono quattro di fila contro Nuggets, 76ers, Hornets e Spurs. E come da copione, appena si ricomincia a perdere, ricominciano anche i malumori ed i battibecchi interni: addio a tutti i “volemose bene” del tanto chiacchierato west coast trip. Kyrie dopo la sconfitta contro Charlotte ad esempio se la prende chiaramente con il coach Stevens, lamentandosi del fatto che Kemba Walker andava raddoppiato e trappato “come fanno tutte le altre squadre nella NBA”. Anche sul campo ritornano le occhiatacce, i rimproveri – per lo più verso il capro espiatorio Jaylen Brown. Riguardo Brown, per tutta la stagione ci siamo domandati il perché di tanta discordia con i compagni ed – ultimamente – coach Stevens. Si, perché Brown ha visto i suoi minuti diminuire costantemente, nonostante negli ultimi due mesi si potrebbe dire che è stato costantemente uno dei giocatori migliori in campo.

Al Horford

Eppure Stevens continua a farlo giocare poco, a levarlo in momenti chiave, anche quando sembra sia l’unico con la voglia di impegnarsi un minimo in difesa. E veniamo al punto dolente di questa stagione, la difesa. I Celtics fino all’anno scorso erano una delle squadre migliori della NBA in fase difensiva. Quest’anno? Not so much. Visivamente, risulta evidente la mancanza di “effort” a tratti da parte un po’ di tutti i giocatori in campo. Anche quando sembra che ci sia l’impegno e la voglia di fare, ci si rende poi conto che spesso si tratta una voglia di giocata individuale piuttosto che cercare la giocata intelligente per il bene ultimo della squadra. Ad esempio, troppo spesso si azzarda nel tentativo di rubare palla o si collassa in raddoppio lasciando vere e proprie autostrade libere sotto canestro. Ma è ormai chiaro che i problemi difensivi vanno ben oltre l’impegno dei singoli, è una crisi sistemica dove gli schemi non danno i risultati sperati o forse semplicemente i giocatori hanno perso fiducia nello stile di gioco dettato da Stevens e tentano di improvvisare e tentare la giocata eroica individuale.
Tanto si è parlato e scritto per tentare di razionalizzare e decifrare questa edizione dei Celtics 2018/19 – tanto blasonata ad inizio stagione – che ha finora deluso le aspettative come poche altre squadre nel mondo dello sport americano. Da semplice osservatore che ha guardato religiosamente ogni partita e che ha avuto anche la fortuna di andare negli spogliatoi in qualche dopo partita – penso che i problemi più grossi siano iniziati durante l’AllStar Break, quando da un lato Kyrie Irving si è rimangiato il proposito di inizio stagione di firmare con i Celtics a lungo termine – “ask me July first“, la risposta stizzita ai cronisti in quella trasferta contro i Knicks. Dall’altro, i trade rumors per Antony Davis secondo cui i Danny Ainge – GM dei Celtics – era pronto a cedere praticamente tutti i giovani – incluso Tatum – per acquisire “The Brow“, anche se solo per una stagione. Il risultato è una squadra che non è più squadra, ma una collezione di individui, ognuno focalizzato a metter su numeri e statistiche per garantirsi un futuro migliore in questo panorama così incerto. Pensateci un attimo, giocatori come Tatum e Brown – 21 e 22 anni – che d’un tratto scoprono che il loro cosiddetto “leader” – Kyrie – probabilmente abbandonerà la nave a fine stagione e la società stessa potrebbe spedirli verso New Orleans quest’estate: è difficile aspettarsi che questi due ragazzi possano continuare a giocare al massimo e per il bene della squadra in una situazione del genere. La speranza di un po’ tutti è che i Celtics arrivino ai playoffs in fase positiva, e magicamente possano mettersi alle spalle tutto questo trambusto iniziando i playoffs come se fosse una nuova stagione. Uno scenario non impossibile, ma che partita dopo partita diventa sempre meno probabile.

La partita contro Indiana è stata sicuramente una boccata di ossigeno per una tifoseria assetata di vittorie e motivi per sentirsi un po’ meno pessimisti. Una partita a tratti bella, dove comunque era evidente la fatica di entrambe le squadre in fase difensiva. Riportiamo di seguito i dettagli del match, quarto per quarto.

Celtics in casacca bianca, in campo iniziano: Baynes, Smart, Irving, Tatum, Horford.
Pacers in uniforme grigia, il quintetto titolare: Collison, Young, Matthews, Turner, Bogdnanovic

Primo Quarto

I primi punti sono di Baynes sotto canestro su assist di Kyrie. Irving subito dopo mette una tripla dall’angolo. Poi ancora Kyrie e Horford, partenza a razzo per Boston 9-1, timeout Pacers dopo appena 2 minuti e 18 secondi di gioco. I Celtics sono partiti decisamente col piglio giusto: tanti movimenti senza palla aprono varchi sotto canestro per lay up facili. Dopo 6 minuti gioco coach Stevens butta dentro Morris al posto di Horford. E’ evidente che Horford sia ancora sotto “minutes restriction“. Poco dopo dentro Hayward, fuori Tatum, Brown dentro per Smart. A 5 minuti dalla fine del primo quarto, in campo Irving, Brown, Morris, Hayward e Baynes. Il pubblico sembra ingaggiato in queste fasi iniziali: brontola non poco per un paio di falli dubbi chiamati contro I Celtics. A tre minuti dalla fine, Boston ha un po’ rallentato dopo la partenza fulminante, Indiana sembra invece aver trovato un po’ di sicurezza: 22-17 Celtics. Al ritorno dal timeout, dentro di nuovo Horford al posto di Baynes. Horford infiamma immediatamente il pubblico con un blocco su Sabonis ed un layup in contropiede subito dopo. Finalmente si vede anche Rozier in campo, dentro a due minuti dalla fine al posto di Kyrie. Horford ancora in evidenza con un bel follow up dopo un layup mancato di Brown in fase di contropiede. Il primo quarto si conclude con i Celtics avanti 35-25. Horford tuttofare 6 punti, 3 rimbalzi e 2 assist, Kyrie e Baynes chiudono il quarto con 7 punti a testa. Tutto bene finora per Boston, anche se ci ha abituato a queste belle partenze per poi collassare nell’ultimo quarto. Staremo a vedere.

Secondo Quarto

Il gioco riprende con i Celtics che schierano Brown, Rozier, Morris, Hayward e Horford. I Pacers rientrano con Joseph, Sabonis, Evans, McDermott e Leaf. Rozier ancora una volt in difficoltà: inefficace in fase di attacco e “soft” in fase difensiva dove troppo spesso concede il layup facile e l “and one” all’avversario di turno. Risultato? I Pacers nel giro di 2 minuti e mezzo vanno si riportano a 3 punti, 38-35 Celtics, timeout Stevens. In attacco i Celtics continuano ad inanellare palle perse concedendo canestri facili in fase di contropiede: Indiana comincia a crederci. E poi Tatum mette due triple di fila, ristabilendo un po’ di cuscinetto per Boston: 48-41, timeout Indiana.
Stevens mette dentro Irving, con Rozier, Tatum, Baynes e Brown. I Celtics patiscono molto in difesa ed infatti subito dopo Stevens corregge, fuori Rozier, dentro Smart. Hayward c’è da dire sta tornando lentamente il giocatore di un tempo. Una piccola dimostrazione è la palla rubata in difesa e il contropiede solitario e dunk per finire. Solamente un paio di mesi fa era impensabile per Hayward questo tipo di giocate esplosive. I Pacers certamente non hanno brillato in questa prima metà della partita, ma sono riusciti a segnare 60 punti a questa difesa colabrodo dei Celtics. Il primo tempo si conclude 63-60 per i Celtics. Boston in attacco ha messo il 51% dei tiri dal campo (25/49), 9 su 17 dai tre punti, 18 assist, 26 rimbalzi, 3 palle rubate e 8 palle perse. Indiana 48% dal campo (21/44) e 7 su 12 dai 3 punti, 14 assist, 19 rimbalzi, 5 palle rubate e 6 palle perse.

Terzo Quarto

I Celtics rientrano col quintetto di partenza, stessa cosa per i Pacers: Collison. Un inizio di secondo tempo favorevole alla squadra di casa: dopo 5:30, 78-71 Celtics, timeout Indiana. Stesso copione del primo tempo: Horford è il primo ad uscire, Morris dentro al suo posto. E come nel primo tempo, subito a seguire Hayward dentro per Tatum.
Entrambe le squadre non sembrano voler rompersi la schiena in fase difensiva: canestri facili per tutti oggi. In questo botta e risposta, i Pacers azzeccano qualche tripla, mentre i Celtics continuano a perdere palla in attacco concedendo punti facili in contropiede. A 3 minuti dalla fine del quarto, Indiana si ritrova avanti di un punto 85-84. I Celtics rientrano con Horford, Irving, Hayward, Brown e Baynes. Poco dopo Rozier dentro per Smart. I Celtics vanno “big”, Stevens sembra molto preoccupato per la stazza di Turner – e giustamente direi. Finora Turner ha 15 punti e 6 rimbalzi, i Celtics non sembrano riuscire a fermarlo se non facendo fallo. Il quarto si conclude con i Pacers avanti di 2 punti, 91-89.

Quarto Quarto

I Celtics rientrano con Brown, Rozier, Morris, Hayward e Horford. Indiana con Joseph, Sabonis, Evans, McDermott e Leaf. Rozier di nuovo una prestazione da dimenticare. Finora un punto e 4 assist e tanti errori sia in fase di attacco – turn overs – che in fase difensiva, dove anche per la sua statura può fare ben poco. Horford decisamente migliore giocatore in campo, continua a dettare i tempi in attacco e a segnare con le spalle al canestro. Si permette anche un paio di sfuriate contro l’arbitro, che sbaglia per due volte assegnando palla ad Indiana quando nel replay risultava evidente l’ultimo tocco da parte di uno dei Pacers: da grande professionista – anche nei momenti in cui le emozioni si fanno sentire – Horford rimane sempre nei limiti, mai sfociando nel fallo tecnico.
E poi Rozier – una serata assolutamente da dimenticare – riesce in fase di rimbalzo difensivo a metterla nel proprio canestro, riportando i Pacers avanti di un punto, 99-98. Auto-canestro?
A 6:30 dalla fine, il punteggio è di 100-99 Celtics. Dopo un timeout dei Pacers, i Celtics si ripresentano con: Kyrie, Tatum, Baynes, Brown e Smart. E’ Kyrie time! E infatti, ruba palla in difesa e sull’azione seguente dribbla tutti e la mette “off the glass” come solo lui sa fare. A seguire Brown mette una tripla e di nuovo timeout Indiana: 105-99 Celtics. I Celtics rientrano con lo stesso quintetto, Indiana rientra con Collison, Young, Matthews, Turner e Bogdanovic. E’ il turno dei Pacers: 6 punti di fila e di nuovo in parità, 105-105, timeout Stevens a 4 minuti dalla fine. Bogdanovic implacabile, finora con 27 punti per Indiana.
Stesse formazioni in campo, Kyrie raccatta due tiri liberi e riporta i Celtics avanti di due, 107-105. Intanto Stevens butta dentro Horford per Tatum. I Celtics continuano a patire la stazza dei Pacers. A 41 secondi dalla fine – in parità – Young grazia i Celtics e si mangia un layup facile facile e Stevens chiama subito un timeout: 112-112. Dentro Morris, Smart, Kyrie, Horford e Brown. La giocata risulta in una palla persa di Kyrie in fase di dribbling, restituendo palla ad Indiana che chiama il suo ultimo timeout a 27 secondi dalla fine. Dentro Baynes, fuori Morris. I Celtics questa volta difendono bene e riescono a raccogliere il rimbalzo dopo il miss di Indiana, timeout Celtics a 10 secondi dalla fine.

A questo punto Boston cercherà di mettere il buzzer. La palla arriva come da copione a Kyrie che va a canestro. Non è proprio un buzzer beater, ma Kyrie la mette con mezzo secondo rimasto da giocare. La partita finisce con i Celtics vittoriosi 114-112, il Garden finalmente si gode una serata a lieto fine.

Le Statistiche

I Pacers registrano un buon 47% dal campo ed un ottimo 44% dai tre punti (12 su 27), un totale di 41 rimbalzi e 27 assist, 12 palle perse e 9 palle rubate. Boston finisce ad oltre il 51% dal campo, un eccellente 48% “from downtown” (13 su 27), un totale di 43 rimbalzi, 14 – troppe – palle perse e 8 palle rubate.

Per Indiana, spicca su tutti Bogdanovic con 27 punti, un efficient 8 su 13 dal campo, con 4 su 7 “from downtown“. Seguono Young con 18 punti ed un ottimo Myles Turner che riporta un double-double con 15 punti e 11 rimbalzi e 3 su 6 dai tre punti.

Super Aaron Baynes!

Per Boston, il solito Kyrie con 30 punti, 5 assist – pochini per un point guard – e 3 palle rubate. Irving in serata altalenante, 50% dal campo – 11 su 22 – e 3 su 8 dai tre punti. A seguire Horford – miglior giocatore in campo questa sera con 19 punti – 8 su 15 dal campo – 7 rimbalzi e 3 blocchi. Per Jaylen Brown una prestazione veramente efficiente: Brown si conferma in forma e decisamente a suo agio nel nuovo ruolo “off the bench“, riportando 16 punti – 7 su 10 dal campo – in appena 27 minuti di gioco. Praticamente tutti gli addetti ai lavori si domandano come mai Stevens si sia intestardito nel far giocare poco Jaylen Brown, chiaramente uno dei giocatori più in forma da qualche mese a questa parte. Hayward sembra sempre più il giocatore pre-infortunio: questa sera una buona prestazione, con 11 punti – 4 su 7 dal campo – e 6 rimbalzi. Per concludere, Aaron Baynes, con un double-double ed una prestazione da incorniciare con 13 punti e 13 rimbalzi. Per una volta gli addetti al marketing dei Celtics ci hanno azzeccato, tappezzando il Garden con volantini di Baynes raffigurato stile superman.

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NHL

Arizona Coyotes: comunque andrà sarà un successo

Tra le più belle realtà del panorama sportivo a stelle e strisce troviamo sicuramente gli Arizona Coyotes.

Nel momento in cui scriviamo la squadra di stanza nella Gila River Arena e allenata al secondo anno da Rick Tocchet si trova nei pressi della zona Wild Card a Ovest, vicina ai più forti Avalanche ma con una partita e mezzo di distanza a pochi giorni dal termine della regular season.

Le speranze dunque sono residue e questo lascia un po’ di amarezza se si analizza il periodo recente, nel quale i Desert Dogs avevano preso il comando di questa posizione e vedevano arrancare gli avversari di Colorado, intrappolati e incartati in una sorta di limbo fatto di sfortuna e sconfitte incredibili.

Sarebbe un peccato anche alla luce delle recenti indiscrezioni da parte del Board NHL riguardo un prossimo ed eventuale aumento di partecipanti ai playoff, con un nuovo format che non estenderebbe la durata della postseason ma consentirebbe una limitazione alle trasferte e costi relativi.

Attenzione però: comunque andrà a finire sarà un successo e parleremo di miracolo sia nel caso in cui si agguanti l’ottavo posto ma anche se si mancherà l’obiettivo. Questo perché ad inizio ottobre nell’arido deserto dalle parti di Glendale si attendeva l’ennesima stagione di transizione, fatta di sconfitte, delusioni e di una immagine da squadra cuscinetto.

Parliamo di un team giovane e simpatico che solamente da poco ha ritirato il primo numero della sua storia, il 19 del mitico Shane Doan, capitano che ha giocato con la stessa franchigia un’intera carriera, partendo dai Jets, poi spostati a Phoenix nel 1996.

A succedergli come leader e ad indossare la C sulla casacca è stato il difensore Oliver Ekman-Larsson: una grande soddisfazione per lui arrivata poco dopo aver rinnovato il contratto per otto campionati ad una remunerazione complessiva di 66M. E’ il quarto captain della storia dei Coyotes dopo Tkachuk, Numminem e lo stesso Doan.

Selezionato come sesta scelta assoluta nel 2009, lo svedese ha iniziato la stagione con un dignitoso palmares di 290 punti e 102 gol in 576 partite. Gratificato da tale investitura il ventisettenne da Karlskrona ha disputato la seconda miglior stagione della sua onorevole carriera e appaia l’ex rookie Keller come top scorer.

La dirigenza, per mano di John Chayka, dopo diverse annate deludenti, aveva dato il via alla ricostruzione basata su giovani talenti che ha forse causato il pessimo start dello scorso campionato, fino ad ingranare, concludere il 2018 con un ottimo 17-10-3 e ripartire ad ottobre con più sicurezza nei propri mezzi.

Il Gm oggi, felice per le bellissime performance, la fluidità sul ghiaccio dei suoi uomini e per essere il direttore generale di una realtà definita in più periodi dell’anno “the hottest team in NHL”, ha già annunciato che a prescindere dalla qualificazione in postseason passerà l’estate a rinnovare i suoi uomini di punta.

Tra i buoni colpi messi a segno non possiamo che partire da Nick Schmaltz, giunto a fine Novembre, che avrebbe rappresentato un rinforzo incredibile per il sempre sterile attacco di Arizona, fino a quando prima di gennaio la sfortuna lo ha estromesso dalla scena per infortunio lower body. Per lui 14 punti in 17 incontri. Le due former first round pick Brendan Perlini e Dylan Strome hanno rappresentato la giusta contropartita tecnica per Chicago dando ad entrambe le franchigie lo stesso vantaggio nello scambio.

Ai Coyotes serviva infatti una certezza, un profilo adatto ad inserirsi subito nell’asset da power play come ala destra nella prima linea insieme ai sinistri Keller, Galchenyuk, Chychrun e il capitano. Basti pensare che i 21 gol e 31 assist del 2017/18 (il suo secondo anno) sarebbero stati da queste parti il terzo best score. Ai Blackhawks serviva approfondire le linee prima troppo monodimensionali e soggette soltanto all’estro di Kane e Toews.

Da sempre il tallone d’Achille per i Coyotes, l’offensive zone statisticamente parlando non ha subìto particolari migliorie nonostante gli innesti di Galchenyuk, che scambiato con Domi da Montreal sta comunque rispettando le attese e di Michael Grabner (27 gol nelle ultime due stagioni). Inoltre le grandi aspettative sul rookie Nick Merley non sono andate a buon fine.

Il “primato” di peggior attacco della Western Conference e penultimo dell’intera lega è stato “migliorato” grazie a Stars, Kings e Ducks! Le linee comunque sono fluide, veloci e abili nel recupero disco con Hinostroza, Richardson e Panik in top line a cavarsela dignitosamente.

Certo che la sfortuna in questo reparto ha fatto la sua parte visto che oltre a Schmaltz si è abbattuta anche su altri importanti elementi a roster come Derek Stepan, Christian Dvorak (out per problemi pettorali con solo 17 start) e lo stesso Grabner (Dicembre). Pure la retroguardia è stata bersagliata dal malocchio con Jason Demers fuori a Novembre e soprattutto il goalie Antti Raanta, che grazie ad un sv% di .930 e 2.24 gol subiti per game aveva ottenuto il rinnovo per 3 anni.

Questo settore però si è rivelato il fiore all’occhiello di questo campionato, il motivo per cui Arizona se la sta giocando fino alla fine. Oltre all’accordo con Ekman-Larsson, importante pure l’intesa con Kevin Connauton, che nella rotazione difensiva affianca Goligoski, Hjalmarsson (biennale per lui), lo stesso Devers e spesso il 20enne Jacob Chychrun, ottimo con 20 punti in 52 match dopo l’infortunio al ginocchio. Quinto posto per gol subiti, decimo per tiri contro, secondo per reti in inferiorità numerica e primi nelle percentuali di penalty killing: eccezionale!

Tra i segreti c’è soprattutto quello di aver aggirato “la luna nera” della pesante assenza del portiere titolare con la straordinaria stagione di Darcy Kuemper, giunto come solido backup in un gruppo che in questo ruolo è arrivato a schierare in passato ben cinque giocatori.

Ebbene iniziamo col dire che l’ex Kings contro gli Wild ha ottenuto il quinto shutout ed è riuscito a rimanere imbattuto tra le mura amiche per 120 minuti. Da quando il ginocchio di Raanta ha fatto crack (27 Novembre) il suo bottino personale è stato di 20-11-3, 2.40 goals allowed e .924 percentuale di salvataggi; inoltre tra i goaltender con più di 50 partenze è secondo nelle classifiche di categoria dietro a Vasilevskiy.

Coach Tocchet si è rammaricato che il suo MVP annuale abbia sempre e solo fatto la riserva in carriera e una delle poche opportunità per mettere in mostra la sua forza spaventosa sia stata frutto della casualità e dell’incidente di un compagno.

Ecco, ci piace concludere con questa bellissima frase il nostro articolo, che dimostra come Darcy e i Coyotes siano la cenerentola di tutti gli sport americani e che quasi per caso rappresentino oggi una realtà apprezzata, stimata ma anche ormai temuta da tutti.